PREMESSA
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Fare (e non insegnare!) filosofia a scuola è possibile?
Mettiamoci d’accordo: che cosa intendiamo con questo termine? La storia della filosofia la lasciamo ai licei ma, a ben guardare, che cos’è la filosofia se non riflettere ponendo domande e cercando risposte? Ma fare domande-dare risposte è un’arte difficile. Richiede addestramento.
Il riscontro che qui si dà: è possibile, a certe condizioni.
Devo dire che, dal momento che ormai sono anziano, e forse anche un po’ saggio (come dovrebbero essere gli anziani), mi sono chiesto se oggi nella scuola si insegna anche a riflettere, o, meglio, se c’è il tempo per insegnare a riflettere data l’enorme, e forse altresì dispersiva, quantità di contenuti, magari non del tutto così fondamentali e importanti in un mondo che corre in maniera travolgente e dove, invece, è necessario trovare punti fermi.
Iniziare a riflettere su alcune domande centrali che hanno accompagnato il pensiero umano è già, in buona parte, accostare la filosofia, a prescindere dal “corso di storia della filosofia”.
Bisogna partire dopo una premessa: il grande tema educativo oggi è l’educazione del pensiero. Il pensiero va educato nel senso che sia capace di valutare e prendere decisioni, infatti, quando c’è un vuoto di pensiero, esso viene comunque riempito da qualcos’altro e da qualcun altro che valuta e prende decisioni in conto terzi.
L’esperienza qui presentata va esattamente nel senso di una risposta in process a questa fondamentale domanda.
Viene presentato un possibile percorso formativo. Esso mi sembra abbia le caratteristiche di un percorso epistemologico, nel senso, cioè, che si propone come esperimento di un avviamento al ragionamento ipotetico-deduttivo nel confronto con i dati forniti dall’esperienza.
Non si svolge qui un discorso teorico di principi, ma un lavoro tratto dall’esperienza concreta della realtà quotidiana familiare e scolastica. Non si dettano regole, ma si praticano esercizi. Il progetto, tuttavia, ha un duplice aspetto, da un lato può presentarsi pressoché come un insieme di esercitazioni, ma queste si aprono alle fondamentali domande che proprio nella età critica della preadolescenza investono la persona in maturazione.
L’esperienza era nuova, almeno per il mio ambito di conoscenze di esperienza non avevo informazioni dirette, quindi, anch’io scommettevo un po’ su me stesso. Però ogni cosa va sperimentata in divenire (in process, visto che ormai è d’obbligo costantemente citare in inglese questo concetto operativo, per cui, se le direzioni sono delineate, l’esperienza va costruita di volta in volta sulla base ugualmente degli stimoli che vengono forniti e dalle risposte che chi partecipa a questo, a tutti gli effetti, “laboratorio”, fornisce).
All’inizio, non ero molto sicuro che guida e gruppo dei partecipanti sarebbero riusciti nell’impresa. Sicuramente, c’era il pericolo dell’abbandono. Questo, tuttavia, non è avvenuto; solo un partecipante su 10 ha lasciato per sopravvenuti impegni. I rimanenti sono stati attivamente presenti e, nei limiti delle loro capacità, non omogenee ovviamente, hanno partecipato. Ciò testimonia pure l’interesse vivo all’iniziativa da parte dei “corsisti”.
Il problema che mi sono posto era se questo materiale fosse troppo difficile per alunni di seconda media. Oltretutto, esso è molto ampio, per cui uno potrebbe obiettare: ma come si fa a fare tutta questa roba in 12 incontri?
Sottolineo che ogni singola lezione è l’indicazione di un percorso e che il lavoro suggerito andava svolto leggendo e riflettendo sulle schede, magari lavorando assieme ai genitori. Nel limite del possibile perciò è anche un’offerta di tipo educativo tesa a incentivare il dialogo genitori-figli. Il materiale si propone come guida da riprendere di tanto in tanto e, nella maturazione della persona prestarsi a maggiori approfondimenti.
In conclusione il corso non ha trasmesso tanto contenuti, ma linee guida e suggerimenti per una progressiva acquisizione di maggiore autonomia intellettuale.
Questo è il compito dei filosofi: indicare le strade. Ecco, perché queste 12 lezioni sono state un vero corso di filosofia.
“Diventare filosofi” non è solo una determinata risposta astratta alle domande proposte, “fare filosofia” è anche addestrare non solo a rispondere, ma a porre le domande, riconoscere che entrambe hanno una loro qualità, non tutte sono uguali.
Tutto ciò, in qualche modo, può essere inserito in tanti momenti didattici, ma dedicare del tempo preciso a questa attività, l’ho verificato, è cosa didatticamente e dal punto di vista formativo opportuna e fruttuosa.
9 febbraio 2013
A.B.
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