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LA VERITÀ TRA “VERO” E “VIRTUALE”

Cioè quando la “verità è “manipolata”

 

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Fare domande e chiedere risposte è importante nel posto giusto e al momento giusto.

Fino ad oggi abbiamo riflettuto sul fatto che noi apprendiamo molte conoscenze dalla nostra capacità di fare domande e dalla qualità delle risposte che riceviamo. Abbiamo insistito poi sul fatto che l’affidabilità, competenza, fiducia che ispirano le persone a cui noi ci riferiamo è assolutamente importante.

La qualità della verità che noi ascoltiamo e mettiamo dentro può essere determinata anche dalle circostanze con cui essa si presenta.

Dove e come si colloca il rapporto che guida la comunicazione (chiedere e avere risposte) è assolutamente importante. Imparare e chiedere a scuola è diverso da imparare e chiedere in famiglia. Ad esempio, l’alunno in qualche modo a scuola si sente sempre osservato e giudicato dall’insegnante ed è, quindi, un po’ più difficile che possa essere se stesso.

Fare esperienze con un gruppo di amici, frequentare una associazione che ha dei principi formativi ispiratori (ad esempio, un gruppo di scout) offre un contributo importante alla crescita.

Quindi: la comunicazione solo in rari momenti è un rapporto tra due persone, assai più spesso avviene fra tante persone in luoghi e momenti diversi.

Di conseguenza, senza che possiamo rendercene conto, continuamente siamo modificati dal contesto comunitario[1], per cui, sceglierci gli amici o un gruppo non è una cosa di nessuna importanza e, giustamente, i genitori si preoccupano sempre di controllare le persone e i luoghi che noi frequentiamo. Noi dobbiamo però scoprire che, anche se noi non siamo i più brillanti trascinatori del gruppo, partecipando alla “compagnia” non in maniera passiva, diamo sempre un contributo alla crescita del gruppo[2].

Siamo sempre sicuri che tutto ciò che noi vediamo è reale?

Tutti apprendiamo anche da quello che vediamo e come reagiamo a ciò che ci appare e a cui partecipiamo! È facile comprendere che quello che noi vediamo ci colpisce, suscita emozioni e, quindi, ci modifica interiormente, cioè modifica il nostro pensiero e le decisioni e pure come noi giudichiamo la realtà.

Se un oggetto, una persona, una scena la vediamo con i nostri propri occhi, siamo sicuri che esiste, cioè è reale. In gita, dopo aver visto tante foto di quel famoso monumento, finalmente lo vediamo con nostri occhi, ed è tutto un diverso vedere. Possiamo essere emozionati alla sua vista, ma essere attirati dal contorno: la folla di turisti di ogni parte del mondo che ammira, fa foto, si muove…

In questo caso noi reagiamo in ammirazione davanti al grande monumento, siamo un po’ turbati e distratti da tutta la folla che ci gira attorno.

E, naturalmente, tutto ciò non possiamo sperimentarlo fissando una semplice fotografia e neppure un filmato in HD. Essere presenti, partecipare, immergersi in un contesto, è diverso dal guardare dall’esterno e dà sensazioni ed emozioni nuove.

Attenzione! Siamo portati a pensare che tutto ciò che appare ai nostri occhi, e, magari, a cui partecipiamo, dev’essere reale, cioè vero: per forza, pensiamo, lo abbiamo visto!

Andiamo al cinema, vediamo una scena di una grandiosa battaglia. Decine di migliaia di combattenti si affrontano. Una volta, per realizzarla, sarebbe stato necessario assumere centinaia di comparse, oggi basta mettere in scena i personaggi principali e costruire tutto il contorno, anche di migliaia di persone, attraverso la computer grafica.

E su questo dobbiamo un po’ riflettere. Partiamo da alcune affermazioni:

  1. “Ieri sono stato a trovare mia zia a Milano”. È vero, sono stato veramente a Milano.
  2. “Sabato il famoso cantante si è esibito in un grande concerto al Palasport. Io ci sono stato”. È vero, io c’ero. Il cantante sul palco c’era, tutti lo hanno visto, quindi l’affermazione è vera, ma ha veramente cantato dal vivo? E qui dobbiamo cominciare a ragionarci un po’.

Vediamo cosa potrebbe succedere in varie occasioni.

  • In classe entra il bidello e legge una circolare preparata dal dirigente su cambiamenti di orario. Allora so che quello che c’è scritto è esattamente quello che avverrà dal giorno dopo. Mi posso fidare di quello che ho appreso.
  • Il preside manda il bidello a dare le stesse informazioni a voce. La situazione è diversa, il bidello cerca di trasmettere con parole proprie il pensiero del preside ma è anche possibile che alcune cose siano state dimenticate o trasmesse male. Mi posso anche fidare, ma non con la stessa certezza.
  • Un giornalista deve dare la notizia di un incidente. C’è stato un ferito con un taglio in fronte. Il giornalista riporta la notizia affermando che “tutto attorno grondava sangue”. Il fatto è vero, ma alcune notizie sono esagerate costruite per dare colore alla notizia, per attirare l’attenzione e la curiosità.
  • Assisto a un concerto in un grande stadio. Ma il protagonista sta cantando in diretta o in playback? Il fatto che la sua voce mi giunga attraverso un mega impianto di riproduzione mi lascia dei dubbi. Vedo il cantante ma non sono sicuro che stia proprio cantando. In parte posso controllare, in parte mi devo fidare. Ma sono incerto.
  • In televisione è prevista una telefonata in diretta da un personaggio dello spettacolo. All’ultimo momento non si fa vivo. Il presentatore potrebbe annunciare l’imprevisto. Ma c’è un bravissimo imitatore che può sostituire l’intervistato. Basta comunicargli prima le domande e le risposte che deve dare e nessuno si accorge di nulla.
  • E’ successo in un film famoso. Il protagonista principale muore prima della conclusione del film in un incidente. Che fare? Annullare tutto? Il mago degli effetti speciali provvede. Le immagini già girate nelle scene precedenti vengono utilizzate, manipolando un computer ed ecco che l’attore rimane bello vivo anche nel finale del film.

Cosa ci dicono questi esempi presi dalla vita reale?

Fondamentalmente una cosa: che, attraverso particolari strumenti tecnici, quello che noi vediamo può essere, in parte almeno, manipolato.

La conseguenza pratica è che chi può utilizzare, magari per proprio interesse, questi potenti mezzi, ha un grande potere.

In altre parole, le informazioni ci giungono come nel passato attraverso dei mezzi, ma i mezzi sono talmente perfezionati che possono sostituire, o, addirittura, creare la realtà. Non soltanto mi danno informazioni false o parzialmente vere come nel passato, quando non potevo controllare, ma mi mettono dentro il fatto e mi fanno vedere e toccare con i sensi ciò che invece non esiste, esiste nei miei sensi, ma non nella realtà.

Questo in parole semplici e sicuramente incomplete illustrano una nuova realtà “la realtà virtuale”.

Quindi devo abituarmi a distinguere tra ciò che veramente è successo e ciò che vedo con i miei sensi, se tra me e l’avvenimento c’è un mezzo (un giornale, una radio, la televisione...) che fa giungere a me le immagini di quell’avvenimento.

Un “nostro” concetto di realtà virtuale

Oggi si usa moltissimo l’espressione “realtà virtuale” e con questa si fa riferimento a quegli strumenti che permettono all’utilizzatore di interagire con la realtà in un certo ambiente, sino a dare a chi la sperimenta l'impressione di trovarsi realmente immerso in quell'ambiente[3]. Ma l’aggettivo “virtuale” , nel senso in cui noi lo usiamo qui significa qualcosa che non c’è o la rappresentazione "finta" di qualcosa che c’è. Virtuale diciamo che è tutto ciò che è immaginario, ma realizzato talmente bene da essere perfettamente verosimile, anzi talmente verosimile da essere facilmente scambiato per la vera realtà.

Ma la realtà virtuale non è solo quella che si realizza con il computer. Il senso che diamo qui a questa parola è “realtà finta”.

Anzitutto, osserviamo che realtà virtuale è composta da due parole contraddittorie (cioè un ossimoro). Una cosa, infatti, o è reale o è virtuale. Infatti, che sia contraddittoria, lo si capisce anche dall'esempio che riportiamo subito dopo

  • Possiamo dire che il mondo virtuale è costruito con dei mattoni che sono pezzi di realtà (ad esempio degli spezzoni di filmati reali, descrizione di situazioni vere) con cui costruisco un edificio immaginario, che risponde a una idea, a un progetto che ho in testa.

Un esempio di realtà virtuale può essere preso dalla pubblicità: Voglio “promuovere” l’acquisto di una marca di caffè che io produco (progetto, scopo che ho in mente):

a)    Prendo degli attori, che so che la gente tende ad apprezzare nelle loro apparizioni in televisione (personaggi reali).

b)   Le colloco in un luogo immaginario (ad esempio il paradiso[4])

c)    Convinco il personaggio (ovviamente pagandolo) a far finta di utilizzare il mio caffè (situazione immaginaria). Accosto i due pezzi di realtà in una situazione virtuale, cioè che nella realtà non esiste, ma soprattutto finta. L’attore magari non si è mai sognato di bere quella marca di caffè e magari neppure la conosce, ma qui l’apprezza tanto… che si sente in paradiso!

d)   Molta gente, poiché tende a imitare quel personaggio, probabilmente acquisterà anch’essa quella marca di caffè. La gente è suggestionata e viene indotta a modificare un proprio atteggiamento e a convincersi che effettivamente, quella marca di caffè è la migliore.

Naturalmente questo è lo schema che possiamo ritrovare in moltissime pubblicità televisive: mamme dolci e giovanissime, mai stanche e affaticate, fanno crescere i loro bambini felici e bellissimi con quella marca di biscottini! È tutta realtà virtuale.

  • Un romanzo storico, ad esempio “I Promessi Sposi” può in un certo senso essere definito come una “realtà virtuale”? Ci sono fatti storici e personaggi storici assieme a personaggi inventati. La ricostruzione che viene fatta utilizzando questo materiale storico è una storia immaginaria, costruita mettendo sapientemente insieme elementi reali ed elementi immaginari. Però nessuno scambia “I Promessi Sposi” con una storia reale, e non soltanto perché si svolge nel passato (potrebbe essere un passato realmente avvenuto), ma perché l’intenzione dell’autore è manifesta: vuole soltanto “raccontare”, non far credere come realmente avvenute delle vicende del passato.
  • Inoltre, la realtà virtuale vuole essere una riproduzione non del passato ma del presente. Infatti, se è realtà, deve essere per forza realtà del presente in cui sono immerso.

Oggi, invece, approfittando non solo della tecnologia, ma anche delle sapienti regole che dettano la comunicazione, la realtà virtuale, ma per indicare equivoci, è meglio definirla finta, si fonda sulle immagini, le quali, specialmente per il loro grande impatto emotivo, sono molto più reali di qualsiasi descrizione letteraria ed è per questo che “realtà virtuale” si applica soltanto a prodotti recentissimi.

Qualità della realtà “virtuale”.

  1. Bisogna tenere presente poi che chi controlla il mezzo (il regista, o anche spesso, il proprietario del mezzo), può avere un interesse a presentare un fatto, un avvenimento in un certo modo e lo può fare mettendo in grande evidenza o nascondendo certi particolari. La presenza massiccia di immagini impedisce di fatto di poter “ragionarci su”, come potrebbe avvenire di fronte a una notizia solo scritta.
  2. Anche nel passato giungevano informazioni false, ma oggi la perfezione della tecnica è giunta a un punto tale che ciò che appare è talmente verosimile che può facilmente essere scambiato per “reale”. Sembra impossibile che possa essere falso[5]. Un fatto, un avvenimento può essere ricostruito in laboratorio in modo assolutamente perfetto, utilizzando magari del materiale preparato prima o approntato per altre occasioni.
  3. La “realtà virtuale” essendo costruita dall’immaginazione dell’uomo è molto più piacevole e confortante (come nel caso della pubblicità) perché tutto sembra alla portata di tutti (basta insistere: il punteggio precedente può sempre essere superato; anche le persone normali possono avere una macchina superveloce, gareggiare con i campioni, vincere il campionato di calcio, di golf...).
    1. Neanche gli aspetti “orridi”, l’intervento dei mostri, sono poi così paurosi, tanto sono finti, e poi si può staccare in qualsiasi momento. Insomma è tutto un gioco. Ma, e lo sperimentiamo tutti i giorni, la vita non è un gioco.

E se anche la vita fosse un gioco in cui non si perde mai? Ecco il pericolo rappresentato dai videogiochi, ma in parte ci viene comunicata da chi, e lo sono un po’ tutti, cerca di farci vivere in un mondo fittizio, cioè virtuale, dove siamo sempre docili e pronti ad aderire ai suoi suggerimenti.

Semplici regole di comportamento

Di fronte a queste nuove situazioni, di quali armi di difesa può disporre colui a cui sono destinate le informazioni? Molto poche, ma non è detto che non ce ne siano.

Chi possiede i mezzi tecnici dovrebbe essere responsabile nei confronti degli utenti. Deve essere onesto e amare la verità. Bisognerebbe avere una nostra precisa sull’onestà di chi ha il controllo dell’informazione e di chi fa passare la notizia (il giornalista, il regista...).

È però difficile. Di solito, la gente si fida più di quelli che dicono le cose che vorrebbero sentirsi dire. Uno studente poco produttivo, che si sente dire dai genitori che i professori fanno sempre preferenze, potrebbe pensare che essi siano nella verità (“è proprio così, è proprio vero”). Però si può mettere in atto un certo “atteggiamento” che, in parte, può evitare di prendere grandi cantonate. Eccovi, quindi, alcuni suggerimenti sparsi, da prendere in pillole:

a)      Dotiamoci di una giusta dose di “diffidenza”, che vuol dire non credere a una cosa in modo cieco senza un controllo, ma ragionandoci su.

b)      Le persona esperta (però soltanto dopo molta esperienza) riesce a distinguere il fatto dai particolari. (Il fatto: “C’è stato un incidente con un morto e tre feriti”; i particolari: “quanto sangue, come si comportava la gente, che cosa hanno detto i parenti...”). Il fatto è quasi sempre vero, ma i particolari appartengono al “contorno” e possono essere molto meno sicuri, perché qui è facile abbondare in effetti speciali.

c)      Di fronte a un pauroso film di horror, ad esempio, è opportuno ogni tanto distrarsi, magari per esclamare: “Che bravi, come avranno fatto a realizzare questi effetti speciali!”. La realtà è già apprensiva di per sé, non è il caso di spaventarsi di più nei film.

d)     Essere in compagnia, non restare mai troppo soli è un’ottima cura per diventare sempre “più concreti”. Innamorarsi dell’eroina dei fumetti è facile, innamorarsi della compagna di classe è molto più complicato, ma molto più realistico (anche nelle delusioni).

e)      “Sognare ad occhi aperti” fa bene, immaginare di diventare un eroico esploratore o una splendida principessa non è male, ma senza esagerare troppo. “Est modus in rebus”, dicevano i latini, insomma, una certa “misura” anche di fronte al videogioco o alla Tv è un ottimo sistema per prevenire incidenti e guai sia nella salute fisica che mentale.

f)       Alleniamoci ad esercitare la virtù della prudenza.

Ovviamente questi consigli non esauriscono l’argomento. Sta a voi trovarne altri e poi metterli in pratica.



[1] Qualche termine un po' difficile dobbiamo pure usarlo, se no che filosofi siamo, ma se avete letto attentamente il capitoletto, dovreste essere in grado di renderlo meno astratto.

[2] Una cosa un po' difficile è lasciare un gruppo quando ci accorgiamo che non è per noi. È più facile stare dentro, intruppati, piuttosto che affrontare la situazione di restare per qualche tempo da soli. Il gruppo infatti può tentare di isolarci, parlar male di noi in giro…

[3] Ad esempio, i piloti di aereo imparano a volare anche sui simulatori di volo, che riproducono perfettamente tutte le situazioni che accadono al comando di un apparecchio.

[4] Il Paradiso, quello promesso da tante religioni, non solo quella cristiana, a cui saremmo destinati, è virtuale? No, perché in nessun modo è mai descritto o immaginato e realizzato (a parte chi ha prodotto lo spot per la nota marca di caffè). Il paradiso è una speranza, un atto di fede, non una realtà virtuale.

[5] Divertentissimo è stato un servizio fatto in occasione di una nevicata a Milano da una televisione. Due cronisti parlavano dei gravi disagi della circolazione in due posti molto diversi della città mentre, in realtà, uno era di fronte all'altro. Il trucco fu casualmente scoperto perché, senza che se ne accorgessero, una persona passò dietro ad entrambi ed, evidentemente, questa non poteva essere contemporaneamente in due punti diversi.