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di Antonio Boscato
La storia è
testimonianza del passato,
luce di verità,
vita della memoria,
maestra di vita,
annunciatrice dei tempi antichi
Cicerone De Oratore, II,9
La domanda, in apparenza pare avere un significato soltanto provocatorio (che sottintende però problemi seri), sarebbe possibile rispondere negativamente dal momento che molta parte della scuola si fonda sulla storia?
La storia è presente a scuola in tanto modi e in tante materie. C’è la “storia”, senza specificazioni, a cui è dedicato un monte ore di insegnamento, non esistono forse la storia della letteratura, la storia dell’arte, la storia della filosofia…? La stessa materia Religione è fondamentalmente “storia della salvezza”.
Ogni insegnante considera il compito di insegnare storia un momento particolarmente significativo della formazione degli alunni ma nell’affrontarlo avverte un senso di inadeguatezza: la storia è una materia complessa, gli alunni difficilmente si mostrano interessati; a meno che non la si presenti come una bella fiction, appare come un arido insieme di nomi, fatti lontani, date da ricordare… Gli alunni, infatti, considerano vicende a loro sconosciute ed estranee avvenimenti che noi insegnanti abbiamo vissuto in prima persona.
Lo scopo di questo contributo non è quello di esplorare la serie infinita di questioni su come insegnare la materia, o articolare la lezione ma riflettere in chiave psicopedagogica sulla possibile e raccomandabile valorizzazione dell’opportunità formativa che la materia “storia” offre per l’alunno di scuola media riportando riflessioni, spunti e pure dubbi maturati nell’esperienza biennale di redattore di attività laboratoriali di storia.
Poniamo anzitutto alcune domande
Come si è sempre insegnato storia (e come probabilmente si insegnerà ancora in futuro)?
Si segue il manuale, quello che appare didatticamente migliore, più ricco di illustrazioni, di fonti, di cartine, possibilmente aperto alle nuove problematiche. Si prende in esame un arco di tempo all’interno del quale si individuano avvenimenti, personaggi inserendoli in un processo di svolgimento sequenziale (prima-dopo) e consequenziale (è stato prodotto– ha prodotto).
Che cosa si vuole insegnare? L’obiettivo è quello di trasmettere una somma di nozioni di “storia”, che, a seconda dell’impostazione, è storia politica, culturale, militare, religiosa o economica… e ciò per arricchire la quantità di conoscenze del destinatario o, ma non so se è sempre così, perseguire obiettivi formativi più mirati, ad esempio capire come si è giunti agli assetti attuali, come le ideologie del passato agiscono nel presente, quali processi fondamentali hanno determinato e guidato la vita di una nazione, di un popolo (ma chi decide gli argomenti e gli obiettivi della materia?)… All’interno dei contenuti dovremmo in teoria distinguere tra fatti oggettivi e interpretazioni.
Che cosa è richiesto quanto all’apprendimento della storia? Acquisire dati (memorizzare) e riferirli in modo puntuale nell’interrogazione (ripetendo il più fedelmente possibile il testo?). L’alunno deve capire: in tutte le materir l’alunno ha come obiettivo “capire”, ma il termine appare quanto mai vago e incerto. Più frequentemente la verifica consiste nel rispondere in modo corretto a una serie di domande proposte tramite questionario (predisposte da chi? dall’autore del manuale o dall’ insegnante?) quindi, attraverso la strutturazione e il contenuto della verifica, il docente stabilisce a priori ciò che si deve acquisire e comprendere.
Il docente non può non trasmettere, alla fine, una sua idea di passato (rientrando magari senza volerlo in una corrente della filosofia della storia: nel cammino dell’umanità c’è evoluzione? Un progresso costante? Un ciclico ritornare in vesti nuove di medesimi problemi?) accompagnato da valutazioni personali (insegniamo a leggere il presente alla luce del passato? Lecitamente?).
A ben guardare il passato, ricaviamo che ogni contesto epocale ha prodotto un modo di organizzare e studiare la storia: la formazione della sua unità, le guerre di indipendenza, i patrioti, il Risorgimento, i movimenti carbonari… Garibaldi, Mazzini, Cavour, quanto tempo fa erano argomenti centrali nei programmi di storia dell’800? Il ‘900 una volta si limitava alla prima guerra mondiale, forse perché si vedeva in essa il compimento del processo dell’unità nazionale. Le epoche precedenti, come il Rinascimento, non erano forse viste quasi come una prefigurazione di ciò che sarebbe diventata necessariamente l’Italia per un storico destino?
Successivamente la storia è diventata storia dell’Europa: l’eredità dell’impero romano, il feudalesimo, l’affermazione dell’universalismo cristiano e la lotta per la supremazia del sacro, i processi di formazione dei grandi Stati europei (ma solo quelli dell’Europa occidentale! Quanto apprendevamo della Russia?), le trasformazioni economiche in Europa, il movimento operaio, le correnti culturali… sono fenomeni visti sempre più in ambito sovranazionale.
Oggi il contesto in cui agisce la scuola appare ancora diverso: in numerose classi il numero degli alunni provenienti da paesi extraeuropei è in forte aumento, non mancano casi di presenza maggioritaria. Quanto possono trascurare la loro storia l’integrazione e l’incontro con culture lontane (Cina, o India)? E, ancora, quali condizionamenti avvertirà l’insegnante nel presentare ad alunni provenienti da paesi di cultura araba avvenimenti per noi europei costitutivi ed essenziali quali la riconquista cristiana della Spagna o le crociate? Proprio attraverso la storia noi traiamo un giudizio sulla nostra civiltà nel suo cammino di formazione e lo confrontiamo con le altre (noi saremmo nella modernità e chi è diverso da noi come si colloca?).
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