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30 ore vi sembran poche? Dipende, possono essere anche troppe.

Antonio Boscato

 

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Da qualche tempo, almeno nella mia città, si va riorganizzando la giornata scolastica nelle scuole medie (30 ore) nell'arco di 5 giorni, ma dal momento che non tutte le scuole sono in grado di fornire il servizio mensa e relativa assistenza distribuendo l'orario al mattino e parzialmente anche al pomeriggio (come quando si progettava il famoso “tempo pieno”), avviene che la giornata scolastica si svolge senza interruzione nell'arco continuato di sei ore di lezione sia pure intervallate da più momenti di sosta.

 

Una volta che l'intera scuola media avrà virato verso questa scelta, i servizi comunali non avranno che approvare dal momento che essi, in tempi di riduzioni di spesa saranno alleggeriti al sabato del riscaldamento e del servizio trasporto. I genitori avranno a casa i figli per l'intero weekend, rendendo più facile per essi lo svolgimento di vari impegni.

Tuttavia questa situazione in divenire mi porta ad alcune riflessioni. Esse non discendono da esperienza direttamente impegnate in questo “nuovo” tipo di scuola, per cui sarei lieto se qualche insegnante coinvolto potesse esprimere qui la propria valutazione.

Nella scuola media, a differenza delle elementari, l'organizzazione della didattica è rigida, prevede l'alternarsi di più docenti ciascuno con una propria materia e un programma da svolgere. Ciascun insegnante assegna compiti, esercizi per casa, argomenti da approfondire...

L’alunno, nelll’esperienza che conosco, esce da scuola alle 14. Lo attende il pranzo e, si spera, un adeguato periodo di riposo, talvolta con la successiva serie di ulteriori impegni pomeridiani culturali, sportivi…

Ma l’indomani il nostro alunno dovrà affrontare altre 6 ore di lezioni con altre materie, incontrerà altri insegnanti che richiedono da parte loro impegno, attenzione, verifica dal lavoro fatto a casa.

E quindi: un ragazzino undici-quattordicenne ce la fa a reggere sei ore di lezione frontale continuata (se si eccettuano le ore di educazione fisica tutte sono sempre lezioni frontali!)?

La mia risposta è affermativa (ce la può fare!) ponendo però alcune condizioni.

1. La prima è quella di creare un benessere psicologico nella classe. L’alunno non soltanto a scuola impara ma “vive”. Se vive bene, se sta bene, anche l’impegno psicofisico è facilitato. A questo punto è evidente che la qualità umana e le capacità psicologica dell’insegnante nell’aiutare a superare i momenti di difficoltà dell’alunno e della classe sono fondamentali. Particolare attenzione va data alla qualità dei rapporti fra gli alunni nella delicata fase preadolescenziale.

2. Diventa necessario superare la lezione frontale. Questo può essere realizzato con varie forme di approccio didattico e pedagogico. Noi adulti, ben più allenati, sappiamo quant’è faticoso e difficile stare solo ad ascoltare (e talvolta “sopportare”) per tempi lunghi.

3. Nel passato si è ampiamente dibattuto quanto possa aiutare il lavoro di gruppo, ma non soltanto ad esempio per le cosiddette “ricerche collettive” da fare a casa. Puntare al lavoro di gruppo, tuttavia, richiede una grandissima progettualità.


4. Lo sviluppo di attività laboratoriali può essere realizzato all’interno delle ore di lezione riconoscendo ad essi la giusta importanza qualitativa e corrispondente impiego di tempo. In essi gli alunni non sono più soltanto oggetto di una comunicazione da… a…, ma sperimentatori di un nuovo modo di apprendere meno passivo, coinvolgente e gratificante.

5. Sostituire la quantità di “cose” da imparare con la qualità, cioè approfondendo e concettualizzando. Ci sono, ma non sono poi tantissime le conoscenze di base, quelle che è fondamentale “conoscere prima”, molto più importante è invece sapere “dove trovare” e “cosa fare” in una estensione complessa, problematica, in continua trasformazione del conoscere. Ci sono tantissime cose che in fondo si possono anche non sapere.

In conclusione, direi una cosa ampiamente scontata, ma che qui ha una sua precisa valenza: una effettiva innovazione didattica ed organizzativa non può essere lasciata a un solo insegnante, per quanto preparato e impegnato. Certe iniziative, come quelle sopra soltanto accennate, se isolate, potrebbero apparire estemporanee, provocando resistenza nei colleghi e diffidenza nei genitori.

Un profondo e sostanziale rinnovamento è senz’altro compito del collegio dei docenti (anche con la direzione o almeno la il coordinamento del Dirigente Scolastico), magari con la collaborazione di esperti di problematiche pedagogiche, in modo che con le sei ore della giornata scolastica non diventino una insopportabile fatica per alunni e frustrazione per i docenti.