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Job.Scuola.Idee

raccolta di idee e strumenti per una DIDATTICA moderna

PERCHÉ SÌ, PERCHÉ NO? LA VITA È TUTTA UNA DOMANDA

 

 

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Questo nostro primo appuntamento serve soprattutto come introduzione a ciò che svilupperemo successivamente per un certo numero di incontri.

Ho iniziato chiedendovi: qual è la cosa più importante da fare a scuola?

Voi avete risposto: studiare, imparare, stare con i compagni, divertirsi… E tante altre.

Non sono assolutamente risposte sbagliate, ma io ho aggiunto che la cosa più importante è imparare a fare domande. Infatti, anch'io ho iniziato questo primo incontro con una domanda.

Di solito, invece, a scuola si fa il contrario. Sono gli insegnanti che fanno le domande e gli alunni devono rispondere (naturalmente, se hanno studiato gli argomenti che gli insegnanti chiedono, se no fanno scena muta).

Osservate però che gli studenti danno le risposte solo se già le conoscono.

Ci sono domande a cui facile rispondere, o perché la risposta si conosce o perché è facile trovarla (alla televisione, in un libro, da un esperto eccetera).

 Chi vincerà un'importante partita domenica nel campionato? Basta aspettare e la risposta arriva da sola.

Ci sono invece domande più impegnative e più difficili, quelle per le quali bisogna fare un lungo cammino di ricerca.

Avete ai sentito la parola “filosofia”. Deriva dal greco e vuol dire “amore per la sapienza” Chi sono i filosofi? Sono coloro che si pongono le domande più importanti e che vanno alla ricerca della risposta giusta, cioè della verità.

Attenti: non tutte le domande sono quelle che si pongono i filosofi. Quando chiedo: “Quando è stata costruita questa scuola?” non è una domanda da filosofi. Le domande filosofiche sono quelle che riguardano quello che gli uomini si sono chiesti da quando hanno cominciato ad essere intelligenti: “Chi siamo? Perché siamo nati? Come dobbiamo impegnare la nostra vita? Come ci dobbiamo comportare con noi stessi con gli altri? …”

Ora il nostro corso, che abbiamo chiamato “impariamo a ragionare” (soprattutto per non spaventare voi o i genitori), è un vero corso di filosofia. Ovviamente, faremo un corso di filosofia adattato ai ragazzi di seconda media.

Noi “grandi” siamo dell’opinione che i ragazzini di seconda media, anche se ancora “piccoli”(?! ), non sono privi di capacità di ragionamento, e proprio a questa età certe domande cominciano a farsele. Ecco perché, volendo “imparare a ragionare”, noi lavoreremo soprattutto sulle domande (importanti) e sulle risposte.

Impareremo un po' alla volta a fare domande, a capire come si fanno, a conoscere quali sono quelle importanti e a provare a dare qualche risposta in modo personale, cioè non ricavato da quello che dicono gli altri. Nella seconda parte ci concentreremo sulle “risposte”, che alle domande vengono date, e sulle quali noi dovremmo chiederci: “ma sono quelle giuste, sono quelle vere?”.

Come addestramento all'uso dell'intelligenza e del ragionamento, faremo esercizi sulle parole, sulla lingua, di solito italiana, qualche volta latina, per comprendere come “riflettendo”, riusciamo anche a fare scoperte per le quali non siamo stati addestrati[1].

Se imparare vuol dire aumentare le proprie conoscenze, imparare a fare domande vuol dire crescere. Naturalmente, aumentare le proprie conoscenze e fare domande vanno insieme.

Abbiamo fatto un interessante esperimento: vi ho chiesto di farmi una domanda, eravate un po' imbarazzati perché non ve l’aspettavate ma, alla fine, con un po' di coraggio mi avete chiesto: “perché lei fa questa attività con voi?”. È una bella domanda perché dalla mia risposta capite che cosa voglio fare.

Non vi ho dato una risposta diretta (“lo faccio perché…”), vi ho dato invece una traccia. Una  attività, un impegno si possono fare perché

  1. si è obbligati,
  2. si guadagna (non solo in soldi, ma anche come stima e onore presso gli altri);
  3. perché piace.

Se so che uno non è obbligato e neppure ci guadagna, rimane vera (salvo altre spiegazioni) la risposta tre. Tuttavia, ho fatto notare, uno può desiderare di comunicare all'esterno la propria cultura, le proprie riflessioni. E ciò che fa ogni educatore, il quale non è sempre un insegnante, anche se insegnanti e educatori spesso coincidono.

Ho precisato, ancora, che il mio compito qui non è di insegnare una materia (non sono cioè un insegnante), ma di accompagnarvi in un percorso, come una guida alpinistica accompagna un gruppo di escursionisti che vogliono esercitarsi a superare certe difficoltà e mettersi alla prova, ma hanno bisogno di una persona esperta su cui appoggiarsi.

A proposito di risposte, il trovarle è un lavoro che non si finisce mai, perché quando ne abbiamo trovato una, subito questa risposta apre un'altra domanda, come nell'esempio detto che trovate descritto in quest'immaginaria

Situazione:

Un bambino molto piccolo si rivolge al suo papà con la seguente serie insistente di domande:

D           “Papà perché piove?”

R            “perché ci sono le nuvole”

D           “e cosa sono le nuvole?”

R            “sono masse di vapore acqueo evaporato”.

D           “e perché c’è l’evaporazione?”

R            “............”

D           “Ma allora....”

E avanti così, alla fine il papà perde la pazienza. Vi siete accorti che dalla risposta del papà viene fuori da parte del bambino una domanda successiva? Ecco perché i filosofi non hanno mai smesso di farsi nuove domande, sarebbero insomma degli “incontentabili”.

Ora, iniziamo a presentare l'argomento che svilupperemo nel prossimo incontro.

Questa situazione (quella del bambino che fa le domande al papà) porta a capire alcuni concetti.

Il bambino formula delle domande, per soddisfare la sua curiosità e voglia di conoscere.

Anche noi facciamo domande per soddisfare il nostro bisogno di sapere (che è sempre una forma di curiosità). La differenza è che le domande o curiosità dei grandi dovrebbero essere più “elaborate”, non così ingenue.

Le domande che noi poniamo cominciano sempre con un “perché” e le risposte che troviamo aumentano la base delle nostre conoscenze, sono cioè dei mattoni con i quali noi costruiamo l’edificio del nostro sapere, della nostra cultura. Solo se i mattoni sono ben collegati e trovano il loro preciso posto si può parlare di edificio, altrimenti sono mattoni isolati e, come i mattoni isolati, da soli non servono a nulla.

Anche la cultura di molta gente è fatta di informazioni isolate, ammucchiate da una parte che non si sa poi quanto e a cosa servono. Bisogna invece sapere usare bene le informazioni, collegandole una con l’altra.

  1. Osserviamo che noi poniamo delle domande per apprendere, conoscere i dettagli, i particolari di un “fenomeno” (ricordiamoci che con questo termine indichiamo ciò che ci colpisce, ciò che attira la nostra attenzione ); di solito gli uomini sono incuriositi da aspetti della realtà.
  2. le cause di un fenomeno: perché succede qualcosa? (“c’è stato un incidente, che cosa lo ha provocato?”);
  3. 3.    gli effetti di qualcosa che è successo: ora che è successo, cosa succede? (“quali conseguenze ha avuto l’incidente, il che è stata la colpa, ci sono stati morti, feriti, quanti danni?”);
  4. se è un fatto prodotto con intenzione (cioè non è avvenuto per caso, ma perché voluto) entra in gioco anche il fine – lo scopo: che cosa voleva ottenere, con quali intenzioni (“ma a che cosa pensava quando ha fatto questo? Ci sono solo fini scoperti o anche nascosti?”);
  5. il modo: attraverso quali circostanze è avvenuto? (“l’autore dell’incidente correva veloce, ma anche colui che è stato investito era distratto e poi la strada era scivolosa…”)[2].

Cause, effetti, intenzioni e modalità di un avvenimento sono estremamente importanti perché esso possa essere giudicato (o valutato).

 



[1] Una volta alle scuole medie si studiava latino, ora non più, però se uno pensa che la nostra lingua italiana è un dialetto del latino trasformato lungo i secoli, possiamo fare delle interessantissime scoperte.

[2] Quando qualcuno ti fa una domanda, prima di rispondere, prova a chiederti che cosa esattamente vuole sapere colui che ti interroga: è interessato ai particolare del fatto, ai protagonisti della vicenda, alle conseguenze…? E, soprattutto, che intenzioni ha colui che ti fa le domande: è solo curioso, vuole rendersi utile, ha dei vantaggi o delle responsabilità personali…? In altre parole: cosa vuole esattamente sapere e perché vuole sapere?

 


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