Questo sito utilizza cookie tecnici. Sono inoltre installati cookie tecnici di terze parti. Cliccando sul pulsante Accetto oppure continuando la navigazione del sito, l'utente accetta l'utilizzo di tutti i cookie.
Per maggiori informazioni, anche in merito alla disattivazione, è possibile consultare l'informativa cookie completa.

DALLE RISPOSTE ALLE PROPOSTE

 

icopdf

Scarica PDF

Il titolo sembra un gioco di parole, ma in realtà bisogna pensare che quando uno dà delle risposte ad una domanda, queste possono essere neutre (ad esempio se risponde a una semplice curiosità scientifica), oppure contenere anche suggerimenti e orientamenti, se la domanda è più impegnativa personale, se, ad esempio, chiedo: “come dovrei comportarmi in questa situazione?”.

Possiamo fidarci delle risposte che riceviamo se la persona che le fornisce è credibile, cioè anzitutto è competente, poi risulta affidabile, infatti:

Tutti sono capaci di fare bei discorsi…

… e di dare buoni consigli (magari, se possibile, sarebbe bene che ci fossero pure buoni esempi…) e dirti cosa fare, cosa decidere…

Se ci pensiamo un attimo, ci accorgiamo che viviamo sommersi da un mare di “prediche”, che non sono quelle che fa il prete a messa, ma quelle che ogni giorno riceviamo e a cui magari siamo tanto abituati da non farci, forse, più caso.

Un po’ tutti, infatti, passiamo la vita a sentire prediche, fin da piccoli dai genitori, ma anche da nonni e zii, insegnanti… (“Dovresti fare così…, dovresti comportarti colà, non fare questo, fai quello…”). Successivamente le prediche continuiamo a sentirle dai giornali, dalla televisione (che ci dice quello che è giusto pensare, dire, comportarsi per essere all’altezza, chi votare nelle elezioni…), dal datore di lavoro eccetera.

Il fatto è che tutti ci sentiamo in grado di dare le indicazioni giuste. Gli adulti sono perfettamente in grado di dire quale sarebbe la nazionale giusta per vincere la coppa del mondo, sanno come risolvere i problemi del Paese, hanno tutti gli elementi per, insegnare al Dirigente a guidare, nel modo giusto, la scuola, al Sindaco la città, a uno  che ha vinto alla lotteria come sfruttare al meglio i soldi….

Ci sono poi delle affermazioni nobili e giuste, che sono sempre ripetute un po’ da tutti.  Sono i cosiddetti principi del tipo: “L’uomo cerca la felicità”, oppure “L’uomo ama la libertà”.

Chi non sarebbe d’accordo con queste affermazioni?

A servizio della verità l’impegno

Ma, poi, questi principi sono affermati, ma non “si traducono” in iniziative, neppure da parte di coloro che proclamano con forza la verità della loro affermazione. Perché?

“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare!” è uno dei più citati e celebri proverbi. Proclamare le cose non costa nulla, metterle in pratica è faticoso e costoso, richiede coraggio, carattere, convinzione, idee, e tante altre cose.

È una verità da poco quella che viene così semplicemente annunciata. Essa rimane una affermazione che non porta frutti, come tale è una verità inutile, vuota.

Bisogna essere persone “credibili”.

  • Coloro che ci dicono ciò che è giusto  davvero devono testimoniare con la loro vita che credono fermamente a ciò che dicono e non giocano soltanto con le parole.
  • Essi perciò, se vogliono essere presi sul serio, devono presentarsi come testimoni della verità, cioè nella loro vita devono essere persone coerenti con quello che affermano.
  • C’è un bel motto inglese, molto celebre, che esprime in sintesi questa affermazione: “I Care”: cioè, Mi sta a cuore, mi impegno…. Questo verbo traduce nella realtà la forza della certezza che uno mette nelle sue affermazioni.

Bugia e menzogna

Parlando di “verità” bisogna fare riferimento al suo contrario: la bugia o la menzogna. Tutti sappiamo cosa vuol dire essere considerati bugiardi o menzogneri. Talvolta basta solo una grande bugia per non godere più della stima della gente.

Qui non parliamo dei veri bugiardi, insomma di quelli che le sparano grosse. Lasciamoli da parte, non sempre si mente spudoratamente: vi sono forme di comunicazione più comuni e diffuse, che in qualche maniera si imparentano con la menzogna, e che sono più pericolose perché spesso più insidiose e ingannevoli.

Le bugie si manifestano non solo come affermare cose non vere, ma più spesso con strumenti e forme che nascondono la verità.

Il “parlare oscuro”. Se la verità è ciò che è palese, aperto, non nascosto, come l’hanno definita i Greci, ben lontani dalla verità sono certi modi di parlare per iniziati, che hanno come finalità un modo “occulto” di scambiarsi informazioni, di tenere fuori il più possibile gli altri.

  • Il parlare oscuro non è il linguaggio degli specialisti, i quali ricorrono a termini specifici della loro materia, ed è ovvio che solo chi la conosce può comunicare su temi e argomenti di essa. Gli altri sono per forza esclusi[1].
  • Il parlare oscuro, invece, è: dire e non dire, dire ma poter dire subito dopo che non si voleva dire quello che si è detto, ma esattamente il contrario. Ciò è possibile solo imbrogliando il vocabolario, la sintassi, e, soprattutto, la logica.
  • È il linguaggio dei politici che debbono promettere, sapendo però che non possono mantenere e allora si preparano la scappatoia, giocando sulle parole, sui doppi sensi, sulle frasi vuote il cui esatto contenuto rimane vago o inesistente.
  • Si punta sull’effetto della parola (nei casi migliori) e più spesso si cerca di “inebetire” il destinatario della comunicazione con un torrente di parole, che travolgono ogni capacità umana di “seguire” un ragionamento[2]. In questo caso bisogna stare attenti a non lasciare spazio a domande che chiedano chiarimenti perché diventa pericoloso per il parlare oscuro, il quale si nutre della parola vuota.
  • Una affermazione sentita dopo una conferenza: “Di quello che ha detto quel professore non ho capito niente, ma ha parlato proprio bene ed è sicuramente molto bravo”. In altre parole, se io, come si dice, volo alto, evito il rischio che qualcuno mi faccia delle domande molto precise che possono mettermi in difficoltà.

Simile al “parlare oscuro” è invece l’uso della “parola senza significato”: è il linguaggio di chi riesce a parlare anche di argomenti che non conosce usando parole vuote che vanno bene per qualsiasi discorso, oppure fanno rientrare ogni altro argomento nell’unico che conoscono.

Accade spesso nel discorso di chi, chiamato a parlare di argomenti che non conosce, evita di entrarvi e cerca di portare i suoi interlocutori su dati e cifre che riguardano altri argomenti.

È quello che capita anche agli alunni quando svolgono una relazione o parlano di un argomento che l’insegnante giudica “non pertinente”, oppure “sei andato fuori tema”.

La verità fonda la giustizia.

C’è una situazione tipica in cui tutti i ragazzi prima o dopo possono trovarsi.

  • Simone si scontra con il papà perché vuole fare od ottenere qualcosa che invece il genitore non vuole concedere. Simone alla fine non riesce a spuntarla, deve cedere, ma non si rassegna, continua a ripetere a se stesso che i genitori non capiscono nulla, sono dei retrogradi, sbagliano su tutto... Non capiscono, non sono giusti!
  • Ma dall’altra parte c’è esattamente lo stesso tipo di ragionamento: “questo ragazzo non vuole proprio capire, senza dubbio ha torto, è irragionevole, troppo sicuro di sé fino all’esasperazione...!
  • Come la mettiamo? Chi ha ragione, cioè chi è dalla parte della verità?

In questo caso le due parti pensano di essere nel vero e nel giusto perché non prendono in esame le posizioni dell’altra parte. Vedono solo quelle a sostegno della loro posizione: abbiamo perciò il caso di un giudizio che si fonda sulla certezza che deriva da motivazioni unilaterali[3].

Il non volere, o non essere capaci, di mettere in discussione la propria posizione porta a delle certezze molto infide, cioè deboli, che possono essere smentite il giorno dopo, come il terreno di una palude che sembra saldo ma può sprofondare in qualsiasi momento.

Attenzione, non si sta difendendo la verità! Osserva l’espressione: “io sono nel vero e nel giusto, in questo caso significa: “ho ragione io, la mia posizione merita di vincere, di essere accettata anche dagli altri”.

In conclusione, accettiamo questa definizione:

“Essere nel giusto” vuol dire prima di tutto comportarsi di conseguenza, coerentemente con le proprie idee, essendo però capaci di confrontarsi con le idee degli altri, accettarle almeno in parte, se, discutendone, viene fuori che anche esse hanno una parte di verità.

Dimostrazioni quasi “matematiche”

Oltre a riferirci al fatto che chi ci dà risposte a domande importanti sia una persona competente[4] e credibile, siamo anche in possesso di strumenti con cui fare, almeno in parte, un esame critico[5] della risposta. Naturalmente, tali strumenti funzionano nella misura in cui noi li esercitiamo con sufficiente regolarità, altrimenti rimangono in soffitta, finiscono.

L’adesione alla verità deve divenire una esperienza di razionalità[6]. I Maya  hanno previsto la fine del mondo il 21 dicembre del 2012. Vero o falso? Ovviamente, oggi siamo felici per lo scampato pericolo, ma eravamo preoccupati? Certamente no, ma su cosa puntavamo la nostra sicurezza?

Proviamo a vedere se ci sono dei procedimenti che ci aiutano a dimostrare se una affermazione è vera o falsa. Si tratta di fare qualche esercizio prendendo in uso alcune regole di “logica”, che è lo strumento di cui abbiamo già parlato, quando abbiamo detto che la ricerca della verità muove da domande e per trovare la risposta avanza attraverso procedimenti rigorosi.

Non è facile, ma se uno è un po’ allenato ed esperto, qualche volta può anche riuscirci.

  • Prima Tesi[7]:Daniele è il migliore alunno della classe perciò sarà sicuramente promosso” . Che ragionamenti facciamo? Da questa affermazione cosa deduciamo? Dimostriamo che l’affermazione è vera (ad ogni affermazione, prima di passare alla successiva, verificare se si è d’accordo) con una serie di passaggi:
  1. Se (in inglese “If”) Daniele è il più bravo, allora (in inglese “Then”), i compagni sono meno bravi di lui;
  2. Se Daniele non viene promosso, allora tutti i suoi compagni devono essere “bocciati”;
  3. Ma non è mai successo che una intera classe sia stata “bocciata”;
  4. L’affermazione è sicuramente vera e non discutibile (indiscutibile).

Seconda Tesi: “Gianni è l’alunno in classe con più difficoltà, quindi, non verrà ammesso alla classe successiva”.

  1. Dimostro che è “possibile, ma non certa” con il seguente ragionamento: “Anche se Gianni è l’alunno meno bravo della classe, non è detto che il suo livello di insufficienza sia tale da non meritare la promozione, infatti, il suo livello, anche se minimo, può essere sufficiente per il passaggio di classe”.
  2. 6.    Dipenderà, pertanto, da come il consiglio di classe giudicherà le capacità di Gianni: sarà meglio che venga fermato per poter recuperare, oppure è preferibile che continui il suo percorso con la stessa classe?

Terza Tesi: “Gli alunni della 2C sono i più bravi della scuola”.

Dimostro che la tesi è certamente falsa con il seguente ragionamento:

  1. Gli alunni della 2C sono una totalità (altrimenti avrei affermato - alcuni alunni della 2C -).
  2. E’ moltissimo improbabile che tuttigli alunni della 1C siano i più bravi di tutta la scuola.
  3. Perciò ritengo l’affermazione non vera, quindi, falsa.

Si osservino adesso queste due affermazioni:

  1. “Il Milan è una grande squadra”;
  2. “Il Milan è la più grande squadra di calcio che sia apparsa da quando esiste questo gioco”.

L’affermazione numero uno è sicuramente vera:

  1. perché ci sono i “fatti” (scudetti, vittorie, gioco...) a testimoniarlo;
  2. perché nessuno può con un ragionamento che abbia fondamento affermare il contrario.

L’affermazione numero due è certamente falsa perché:

  1. è molto improbabile che in tutta la storia del calcio non siano esistite in qualche parte del mondo squadre che abbiano eguagliato il livello del Milan;
  2. non si possono portare ”prove” a sostegno della tesi.

Quindi l’affermazione può essere accettata come una opinionepersonale di chi la sostiene.

Ma avere una opinione significa che:

In questo caso non posso pretendere che l’opinione sul Milan grande squadra abbia lo stesso valore per tutti, ed è perciò un’affermazione soggettiva e non oggettiva. Non è un “fatto” del quale posso dire solo che è vero o falso se corrisponde a ciò che è realmente avvenuto. Osservate come viene raccontato un fatto.

  • Davanti alla stazione oggi alle 15 è avvenuto un incidente stradale” è un fatto, la notizia può essere vera o falsa, ma non è una opinione.
  • Potrei però esprimermi con la seguente affermazione: “Dalla confusione che ho visto, dall’andare o venire delle autoambulanze verso la stazione alle ore 15, deduco che dovrebbe esserci stato un incidente automobilistico”.

Io, però, il fatto dell’incidente non l’ho visto. Questa notizia la presento come una mia deduzione, probabilmente vera, ma con un certo margine di insicurezza. Non posso imporla agli altri, devo rispettare, in questo caso, chi non la pensa come me e che mi dice: “ma sei proprio sicuro che ci sia stato un incidente?”

Possibile, impossibile, probabile?

Prendo in esame le seguenti affermazioni:

  1. Il 15 agosto del 1315 nella città di  Roma si è verificato un evento prodigioso: è nevicato, per cui è stata introdotta la festa della Madonna della Neve.
  2. Nella nostra città l’estate scorsa è nevicato;
  3. Nella nostra città l’estate prossima nevicherà.

Osservo:

  1. Nella affermazione 1 e 2 si parla di qualcosa riferita al passato. Pertanto è un qualcosa che può essere successo, cioè un “fatto”. Ma nella affermazione 1 aggiungo anche l’opinioneche il fatto è stato tanto eccezionale da essere considerato “prodigioso”.
  2. Nella affermazione 3 si parla di un evento che deve ancora avvenire[8].

Nelle affermazioni 1 e 2 l’evento si pone nel passato, perciò o è vero oppure falso[9]. Nella affermazione 3 non posso applicare il concetto di vero o falso, perché non è successo, non è un fatto, ma posso affermare che l’evento è possibile o impossibile.

Entriamo così nel discorso circa il giudizio di possibilità o impossibilità.

Una “possibile” scala di “possibilità”

Mentre, a proposito di vero o falso, ho due possibilità molto precise e nette, da cui non posso uscire (un fatto, una notizia o è vera, o è falsa, o è in parte vera in parte falsa), quando parlo di possibilità scopro che posso costruire una scala che va dal certo all’impossibile secondo tutta una serie di variazioni, come nelle affermazioni seguenti che porto come esempi:

Il mio asino ha volato fino sul campanile                         falso;

Il mio asino volerà fino sul campanile                              impossibile

A Catania la prossima estate nevicherà                            quasi impossibile;

La stessa squadra di calcio vincerà lo scudetto
cinque volte consecutive                                                  molto improbabile;

Con la prossima schedina farò tredici                               può succedere, ma improbabile;

In questo fine settimana di ferragosto gli incidenti
saranno più numerosi che negli altri giorni                        probabile;

Prossimamente si allungherà l’età della vita                    molto probabile, quasi certo;

Tutti gli uomini devono morire                                        certo, è assolutamente esclusa la possibilità contraria.

L’uomo in riferimento a un fatto ha il dovere di “verificare ”, di controllare se la notizia che ha ricevuto corrisponde alla “realtà” del fatto ( cioè se il fatto è vero o falso).

Qualche volta è possibile controllare di persona, ma il più delle volte il controllo, cioè la verifica, è soltanto indiretta.

Spesso il “controllo della veridicità” di un fatto è molto difficile se non impossibile, per cui è più facile farsi delle opinioni sulla “probabilità” che la notizia circa un fatto sia vera.

Ora ci domandiamo come l’uomo possa giudicare sul grado di possibilità che un evento ha con sé.

  1. L’uomo, quando sente una notizia, la confronta anzitutto con la propria esperienza.
  2. Abbiamo detto che noi abbiamo dentro delle certezze che appartengono al patrimonio di conoscenze e di esperienze dell’umanità (sappiamo, infatti, che tutti gli uomini sono mortali).
  3. Tutta questa base di informazioni, attraverso la loro sistemazione, ci permette di elaborare delle conoscenze.
  4. Oltre a ciò posso fare dei ragionamenti, come dimostrare l’impossibilità della seguente affermazione:
  • Quella squadra, che a metà campionato è in fondo alla classifica arriverà alla fine prima nel suo girone.
  1. Ragionando deduco:
  • è poco probabile che una squadra che ha giocato così male per la prima parte del campionato abbia un tale recupero atletico (1 condizione);
  • è quasi impossibile che le altre squadre comincino a giocare tutte male così da permettere alla squadra ultima di recuperare tutte le posizioni (condizione 2);
  • per giunta le condizioni 1 e 2 dovrebbero avvenire “simultaneamente”;
  • perciò giudico l’evento impossibile senza avere bisogno della verifica dei fatti.

Analizzate questa situazione:

  • “Luca da domani mattina rinuncerà a prendere la cioccolata dai distributori”

Frequentando Luca e imparando a conoscerlo ho osservato[10]:

  • Luca è molto goloso;
  • tutti i giorni si prende la cioccolata, senza alcuna eccezione.

Deduco: Luca ha preso una abitudine, questa gli è venuta dalla sua “golosità”, che è un “vizio” molto forte da vincere. Se non vengono fatti nuovi, è molto improbabile, ma è meglio che non ci scommetta la mia merenda, che da domani Luca rinunci a prendere la sua cioccolata.



[1] Tuttavia ci sono specialisti che anche di fronte a persone non esperte di un argomento, sanno presentarlo talmente bene che, alla fine, riescono a comunicare e ad arricchire il loro uditorio. E, sicuramente, questi sono coloro che credono di più in quello che dicono, perché si preoccupano di comunicare e di far partecipare alla loro conoscenza anche gli altri. Questo, oltre a ciò, è anche il ruolo dei "Maestri di vita".

[2] È la tecnica di coloro che vendono pentole o materassi nei canali televisivi. Nei loro interventi non devono lasciare il tempo di riflettere alle persone.

[3] Cioè si vedono solo le ragioni della propria parte e non si  analizzano, anzi, neppure si vogliono conoscere quelle dell’altra.

[4] Ricordiamo sempre la regola fondamentale, che abbiamo già ricordato: per trovare risposte bisogna andare dalla persona giusta, cioè competente, quella che ha le conoscenze approfondite per poter rispondere.

[5] Cioè sottoposto al vaglio della nostra ragione.

[6]Vuol dire che dobbiamo imparare a utilizzare dei ragionamenti.

[7] In questo caso la parola tesi è sinonimo di affermazione che devo dimostrare come vera.

[8] La parola “evento” ha diversi significati, il più comune: “fatto che è accaduto o che può accadere”.

[9] Siccome è un avvenimento storico, la mia ricerca su documenti o su altre fonti vi porterà a stabilire che è veramente avvenuto, oppure è una leggenda.

[10] Dovreste scoprire con facilità che la mia deduzione nasce dalla osservazione, anche questa importante strumento di conoscenza.