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Possedere delle “competenze” vuol dire essere capaci di produrre in modo autonomo e utilizzare le informazioni in attività diverse. La “competenza” si forma partendo da una o più modificazioni del soggetto e le modificazioni avvengono attraverso attività ma, soprattutto, percorsi esperienziali. Quali competenze possono essere raggiunte attraverso lo studio del programma di storia medievale proposto per la prima media e come possono essere valutate?
Cosa misuravano gli insegnanti di storia nel (lontano?) passato? A un livello minimo era richiesto a tutti un esercizio di memorizzazione (fatti, nomi, date...); la materia così esercitata appariva particolarmente dominata dalla noia. Accanto a ciò si richiedeva la capacità di rispondere a domande sulle cause ed effetti di un determinato fatto (“perché…?”), circostanziando gli avvenimenti.

Pure in questo caso la memorizzazione faceva la parte del leone: la risposta si trovava già scritta nel libro oppure era suggerita dal docente nella “spiegazione”. Si riteneva che l'alunno non fosse in grado di produrre risposte in maniera autonoma e, probabilmente, i contenuti storici appresi costituivano un bagaglio di conoscenze alquanto oziose, senza una visibile utilità. In fondo, insegnare e valutare l'apprendimento della storia non presentava particolari difficoltà: ciò che era richiesto agli alunni era uguale per tutti, nella valutazione si distinguevano semmai la quantità e la qualità delle risposte.
Ad un certo punto nella didattica delle varie materie e, in particolare, della storia si è introdotta la “ricerca”, termine suggestivo che richiamava il problem solving, attività tuttavia che nella scuola si presentava con molte ambiguità. Si lasciava il libro di testo e si invitavano gli alunni a dare un proprio contributo aggiungendo ulteriori informazioni su un argomento, prendendole da fonti eterogenee. Gli alunni elaboravano il materiale recuperato da soli o molto spesso in gruppo producendo delle presentazioni: il cartellone in tempi più lontani, con programmi multimediali in tempi più recenti.
Il punto debole di questa attività era che l'insegnante non trovava il tempo, spesso non aveva neppure le capacità, di avviare l'alunno o il gruppo a un serio apprendimento della metodologia della ricerca: la presentazione era spesso un insieme di materiale eterogeneo, mancante di ogni unità, non produceva competenze ma soltanto conoscenze separate che non rientravano nell’esperienza viva di una crescita formativa e culturale.
Che cosa può essere richiesto come competenza nel campo storico ad un alunno di prima media? Proprio il contrario della noia deve essere la prima preoccupazione del docente: rendere avvincente la materia. Questo è reso possibile soltanto se all'interno della materia vengono maturate competenze, in altre parole, se l'alunno diventa parte attiva, produttore e utilizzatore delle conoscenze per il proprio progetto di vita e non soltanto magazzino di informazioni. Sembra un dato ampiamente scontato, invece non lo è fino a che il programma - una somma di contenuti – mantiene la priorità. Se preso radicalmente sul serio, questa premessa si costituisce come vera e propria rivoluzione nell’insegnamento-apprendimento.



1. Soprattutto in prima media abbiamo a disposizione due grandi risorse: una grande fantasia e una spiccata curiosità che spingono l’alunno ad essere coinvolto. Portiamolo, quindi, a immedesimarsi in un contesto storico per riviverlo. Gli proponiamo di immaginarsi nelle vesti di un viaggiatore nel medioevo partendo dalla sua esperienza di viaggiatore/turista del presente.
2. Valutiamo se l’alunno ha assimilato i dati storici nel momento in cui, elaborando un testo, una relazione, sa utilizzare le sue conoscenze cioè descrive esattamente, nelle vesti di viaggiatore del medioevo, cosa mangia, quanti chilometri percorre al giorno, dove va a dormire, chi incontra per strada...

3. Costruire un percorso storico, ad esempio preparare la gita scolastica, può essere proposto direttamente agli alunni come gioco: scegliamo la città d’arte, facciamo elaborare a loro tempi e modi di visita dei monumenti del percorso secondo vari punti di vista (storico, ambientale, artistico, paesaggistico...). Chiediamo di motivare le scelte discutendo varie proposte. Noi valutiamo e conosciamo più approfonditamente i ragazzi se analizziamo e interpretiamo quanto le loro scelte siano state frutto di approssimazione o di riflessione.
4. Valutiamo il percorso esperienziale compiuto: i valori di una esperienza storica diventano momento di riflessione e di crescita; la tradizione non è qualcosa di sorpassato. Quando presentiamo il monachesimo benedettino dei primi secoli ci proponiamo di far vedere il valore che assume il lavoro, il significato che i monaci danno a tutti i tipi di compiti per cui ogni lavoro è importante per la costruzione della comunità, o, ancora, l'organizzazione della giornata come momento equilibrato di insieme di attività. Questa conoscenza assimilata negli alunni si trasforma in elemento costitutivo della visione e dell’orientamento formativo, diventa cioè una competenza. In occasione di verifiche a ciò approntate, valuteremo se gli alunni sanno individuare occasioni di cooperazione per una attività o un progetto.
5. Competenza è pure l'abitudine, o almeno l'avvio, ad un uso rigoroso dei termini come base della concettualizzazione superando la superficialità e l'approssimazione. L'uso del dizionario anche nel campo storico è fondamentale. Ad esempio, se si parla del monachesimo nel medioevo, l'alunno dovrà sapere distinguere che monastero e convento sono due realtà storiche, simili per certi aspetti ma diverse, che agiscono in tempi diversi e nate da contesti storici diversi. Per competenza in questo caso intendiamo la capacità di saper confrontare realtà diverse e capire fatti, contesti diversi nei quali abitualmente siamo immersi, le trasformazioni sulla base di necessità, urgenze e spinte provenienti dalla società. L’esempio qui citato rappresenta una distinzione alquanto raffinata per alunni di prima media, ma sta all’insegnante attivare gli strumenti di comprensione opportuni, adattandoli al contesto in cui opera.
6. Rendere avvincente la storia, e quindi anche competenza, significa accostare le fonti, promuovendo il piacere di leggere la freschezza o l'ingenuità del linguaggio della fonte, riconoscendo come gli autori del tempo hanno vissuto e giudicato i cambiamenti, le scoperte, i turbamenti... L’insegnante valuta quanto gli alunni hanno saputo riconoscere gli elementi del vissuto presente nel passato giungendo così alla consapevolezza che la storia non è un lontano che nulla ha a che vedere con la propria vita ma è esperienza passata che agisce, anzi è parte costituente del presente. La presenza di compagni stranieri in classe è sì fatto recente, ma anche già successo; la storia offre innumerevoli esempi, ma sicuramente l'inserimento di nuove popolazioni e culture alla caduta dell'impero presenta molte analogie. La qualità della relazione che viene stabilita con compagni portatori di culture diverse è pure oggetto di valutazione dello sviluppo delle competenze maturate nel percorso storico proposto.


Antonio Boscato