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Job.Scuola.Idee

raccolta di idee e strumenti per una DIDATTICA moderna

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Dare contenuto alla parola dialogo

A me pare che tutte le nostre radici culturali abbiano posto comunque come punto di partenza per ogni efficace educazione lo sviluppo di un dialogo1, possibilmente di un dialogo diretto tra singole persone.

Ovviamente i termini dialogo e interpersonale, sono di immediata comprensione nel loro si­gnificato e valore. Casomai, il problema è quando, in quali momenti, e talora oggi con quali pericoli, possono essere realizzati i momenti di incontro e di dialogo interpersonale tra adulti e bambini o preadolescenti. Per vari motivi questo è lasciato solamente a figure specialistiche, psicologo, pedagogista, che interven­gono in particolari casi. Nell'ambito squisitamente didattico, il dialogo è preferibilmente inteso come rapporto di comuni­ca­­zio­ne tra insegnante e classe.

Non è detto che anche qui non possano nascere autentici ed efficaci momenti di dialogo interpersonale, purché si trovi tempo, spazio, occasioni per dare tutta la possibilità all'alun­no di poter esprimere, manifestare se stesso, comunicare le proprie istanze e pretendere il giusto ascolto.

Tutto ciò non può discendere che da una approfondita conoscenza sia della persona con cui si interagisce sia della opportunità e qualità degli strumenti del dialogo.

Se nello svolgimento del quotidiano insegnamento in classe ciò è fortemente limitato, appa­rendo anzi impossibile, nello svolgimento di un laboratorio questo è ampiamente attuabile.

 

La dimensione della ricerca

Anche a uno sguardo superficiale lo scorrere della vita di una persona si presenta come un continuo porre e porsi domande dalle più semplici e di uso immediato di una richiesta di infor­mazioni fino alle più complesse, quali quelle che investono la domanda e il significato dell'esi­stenza. Tale attività presuppone che in qualche modo siamo sempre alla ricerca di risposte.

Trovare risposte non dipende soltanto dalla qualità della fonte a cui si accede, ma suppone ci siano le condizioni per una buona domanda. Fare domande giuste alle persone giuste; questa è la chiave del successo di un'attività di ricerca.

Inizialmente ipotizzavo per il mio lavoro un titolo simile a questo: “Esperienze di avviamento alla metodologia della ricerca per alunni di quinta elementare”. Il titolo era sicuramente alquanto pretenzioso, ma vicino ai propositi generali iniziali. Esso è stato poi abbandonato perché ho compreso che quello che stavo realizzando non era una guida, né teorica né pratica, per avviare alle ricerche sul piano didattico.

Mi si presentava più arricchente l'idea che fosse necessario porre delle basi per una prima comprensione di quanto fosse complesso, certamente difficile, ma in fondo gratificante, portare i partecipanti a scoprire, con esempi pratici e semplici esercitazioni, cosa volesse dire fare veramente ricerca.

Una ricerca assegnata non dovrebbe mai essere posta come titolo. La vera ricerca nasce da una domanda. Rispondere in modo corretto alla domanda apre molto spesso ad ulteriori e più approfondite domande per una comprensione più ampia e articolata dell'argomento.

Successivamente, fin dall'inizio, ho riconosciuto che il cammino ipotizzato nello svolgimento all'interno dei vari gruppi assumeva una caratterizzazione propria.

Volevo trasmettere ai vari gruppi che ho seguito non soltanto dei concetti, seppure esemplificati, ma coinvolgerli in una sperimentazione pratica di attività di ricerca.

Ho perciò inventato un concorso (virtuale) con cui, di volta in volta, invitavo ciascun partecipante a “mettersi alla prova” con tipologia di compiti e difficoltà diverse.

La verifica della qualità delle risposte era svolta all'interno del confronto fra tutti i risultati, verificando quali strumenti e modi di ricerca si erano rivelati più produttivi.

La partecipazione a questo concorso, vissuta dai ragazzini come una sfida nei loro confronti, (per questo ho talvolta enfatizzato le difficoltà), è stata molto alta e ha evidenziato capacità inaspettate. Ho incoraggiato per questi compiti il ricorrere alla consulenza di familiari o altri come momento di coinvolgimento, interessamento e scambio.

 

La Domanda nella pratica educativa

La ricerca è sempre legata alla possibilità di fare domande, non importa se a una persona, a un libro, oppure a se stessi.

Fare domande è una attività che si evidenzia subito nei primissimi anni di vita di un bambino che la esprime con l'immediato “perché?”.

I quiz televisivi ci trasmettono il messaggio che la domanda è casuale, del tutto irrilevante ri­spetto ai nostri interessi culturali impegnativi, legata all'immediato vantaggio, e inoltre richiedono che la risposta sia già in possesso dell'interrogato. Solo così questi è un “vincitore”.

Quand'anche la ri­sposta fosse trovata, essa è già divenuta inutile. Insomma, o si sa o non si sa e pertanto è inutile dedicare tempo e fatica a darsi da fare per trovare.

Imparare a porre domande è una qualità di grande importanza. Trattandosi appunto di una “virtù”, essa non è innata, ma appresa.

Dedicare del tempo all'istruzione sul buon uso delle domande non sembra sia attività da trascurare ma, individu­ando le risorse, da incentivare.

Probabilmente, dedicare tempo è l'aspetto più problematico che oggi emerge in una scuola che è sempre più legata a un surplus di attività e di contenuti da rischiare di trascurare la qualità. Eliminare, o quantomeno ridurle e essenzializzarle, non è un problema cui si dedicano le stesse energie utilizzate all’inserire ogni anno novità.

Fare le domande giuste all'interno delle materie oppure sui fenomeni del mondo che ci cir­conda è normale prassi scolastica, anche se, probabilmente, sono molto più frequenti le domande po­ste dall'insegnante agli alunni, quando vuole controllare la qualità dell'apprendimento e dello studio di una materia.

È più raro, anche se non è detto che non succeda, che sia l'alunno a porre a sua volta do­mande all'insegnante all'infuori della normale richiesta di informazioni pratiche.

Probabilmente se un alunno delle elementari e delle medie fa delle domande “furbe”, è probabile che l'insegnante ne rimanga in parte sorpreso.

Ma l'alunno è capace di fare domande importanti, meritevoli di tutta l'attenzione e la cura nella risposta?Quando ciò accade, può significare che egli esprima bisogni, e nel contesto della classe abbia dovuto pure superare timi­dezza o vergogna per la paura del giudizio degli altri.

Il vissuto nel laboratorio, come occasione di porre doman­­de per piccoli passi, raggiunge questo: permette che chiunque possa intervenire sapendo che è ascoltato, gli viene data importanza, non è giudicato ma accettato per quello che sa esprimere.

Il superamento di una simile prova risulta una vittoria per chi, come molti, in classe non interviene anche se costretto con minacce o promesse.


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